viernes, 31 de diciembre de 2010

Dalle tenebre una luce!

Se un mirabile incontro è avvenuto nella Notte Santa le cose del passato sono lasciate, se una nuova vita è sorta, lo sguardo è proteso verso orizzonti di indicibile chiarezza che conducono laddove si è sempre desiderato stare. E’ un incontro che accade nell’oscurità della notte, nel buio delle tenebre, quando si è ormai assopiti, stanchi, sopraffatti, quando il pensiero è fermo, le emozioni sono spente, la volontà è bloccata, la bocca è chiusa; quando un nuovo bagliore ci viene donato dentro un tale stato di nullità, il corpo disteso sul giaciglio del suo sonno, si ridesta per intonare il canto della gloria e, finalmente, per intraprendere quel viaggio che non si era mai fatto prima.

“In una notte oscura,
con ansie, d’amor tutta infiammata,
- oh felice ventura!-
uscii, né fui notata,
stando già la mia casa addormentata”
(S. Giovanni della Croce, Notte oscura)

Veramente grande è la nostra fortuna quando la notte diviene il tempo dello sperimentare l’abbraccio amoroso del Padre; poiché c’è notte dove c’è abbandono, solitudine, povertà, dolore, afflizione, umiliazione, sofferenza. La notte è veramente tale quando non c’è più un appiglio, quando crolla ogni punto di riferimento, quando svanisce ogni consolazione, quando cuore e mani sono vuotati e resi pronti per un riempimento di nuova natura. Il miracolo del Natale è l’irrompere nel buio della mezzanotte di una nuova luce: gli occhi hanno veduto, le orecchie hanno udito, ma non sempre il cuore si è destato.
“Il cielo e la terra non sono ancora divenuti una cosa sola. La staella di Betlemme è una stella che continua a brillare anche oggi in una notte oscura…Alla luce, che è discesa dal cielo, si oppone tanto più cupa e inquietante la notte del peccato…notte dell’indurimento e dell’accecamento incomprensibile” (E. Stein, Il mistero del Natale).
La notte dell’abbassamento di Dio produce una frattura: con Lui o contro di Lui! Bambini innocenti sacrificano ancora le loro vite e si ode ininterrottamente il lamento delle loro madri; la lapidazione di Stefano continua sul corpo martoriato di nuove generazioni; l’Erode di allora perseguita ancora oggi, nei grandi misfatti della terra, nelle malefatte delle nostre piccole esistenze. La notte splendente di Betlemme si trasforma in oscuramento del venerdì santo: Dio è messo a morte, ripetutamente colpito da chi, dalla notte, non sa venir fuori. E da questa morte fluisce ancor più abbondantemente flutti di fiumi d’amore, nuova vita che è l’innesto della nostra alla Sua, un sovrabbondare di divinità che non cessa nel suo bisogno infinito di donarsi per il solo desiderio di amare.

Il Castello dell’anima, 31.12.05

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