lunes, 19 de abril de 2010

INFINITA SOLITUDINE…


Mio Dio, te ne stai lì, impotente. Ti sei rialzato da terra, ma i tuoi piedi rifiutano di servirti, ora che le tue spalle devono di nuovo portare il peso enorme della croce. Tremante e agitato te ne stai in piedi, la croce fa da supporto impedendoti di cadere, ma quando devi sollevarla da terra per portarla avanti, barcolli e minacci di crollare di nuovo. Eppure tu devi e vuoi raggiungere il colle; è la volontà dei tuoi carnefici, ma anche tu vuoi portare la croce fino alla meta. Se non lo puoi fare da solo, ti si darà un aiuto, per non farti soccombere prima della fine del viaggio. Devi arrivare vivo alla vetta della collina. A questo sei arrivato, o Dio: più morto che vivo, sfinito dalle torture, esausto, in condizione di non trascinare la croce in cima alla collina nemmeno a forza di calci. Stai lì impotente. I tuoi nemici vogliono assolutamente che tu arrivi al luogo dell’esecuzione ancora vivo. Con apparente condiscendenza permettono che ti si aiuti, ma solo per poterti torturare ancora. Non importa quanto lo desiderano, in ogni caso non si degnano nemmeno di alzare un dito. Aiutarti? Vorrebbe dire semplicemente esporsi alla vergogna. Aiutarti? Solo pochi passi per la collina, ma è un’indegnità che non si osa pretendere nemmeno dai carnefici. Questi sono piuttosto pronti a colpirti a morte sul posto, e il loro lavoro è fatto. Non così i tuoi nemici, che vogliono vederti sulla croce, umiliato fino in fondo, fin dove è possibile per un essere umano. Chi ti aiuterà, o Gesù? Invano il tuo occhio si guarda attorno, per vedere se qualcuno vuole aiutarti: non c’è nessuno. Infinita solitudine. Non c’è nessuno, nessuno che voglia darti la minima consolazione. Nessuno che s’intenerisce per te. Tutti guardano indifferenti e lasciano che tu rimanga lì impotente, terribilmente impotente. Finalmente costringono uno straniero. Costui non è in condizione di resistere, e siccome non può fare diversamente ti aiuterà, non solo freddamente e con indifferenza, ma per forza, forse maledicendo te e la tua croce. Senza pietà per la tua debolezza, afferra la croce e la spinge insieme a te. Mio Dio, a volte penso che io mi sarei comportato meglio, che ti avrei alleggerito con amore del peso della croce, per alleviarti il dolore di quel terribile ultimo viaggio. Ma no, Simone è anche immagine di me! Dico che voglio seguirti sulla via della croce, ma poi allontano anche la più piccola, la più leggera. Di fronte al ludibrio e lo scherno di quelli che non ti amano, io non desidero più di lui far vedere che voglio servirti. Mio Dio non me ne starò più con le mani in mano. Fin da oggi voglio prendere la tua croce e cercherò di portarla dietro di te. (Beato Tito Brandsma, Via Crucis, Quinta Stazione)

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