martes, 16 de febrero de 2010

IL PENSARE FRANCESCANO…


RIFLESSIONI SULLA CONFERENZA DI ORLANDO TODISCO
(Centro Studi “Edith Stein”, Lanciano, 12.02.05)


Il discorso filosofico possiede la particolarità di affascinare alcuni e di infastidire altri: alcuni vengono ammaliati da argomentazioni impostate e sviluppate con la sistematicità del procedimento filosofico, come una patina di inutilità tra parole ritenute vuote elucubrazioni dell’intelletto.
Spesso la filosofia si pone come discorso senza senso, distaccato dal reale, lontano dall’affrontare e proporre ipotesi di comprensione dei dubbi di un pensiero che vive il quotidiano. Ma il discorso filosofico che procede con coerenza alla propria natura di essere, cioè, discorso innamorato della verità, parte dal reale per impostare un “trattato sulla vita”.
La conferenza del 12.02.05, magistralmente tenuta da padre Orlando Todisco (docente presso la Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura dei frati minori conventuali) sulla particolarità della filosofia francescana, ha mostrato il risvolto concreto a cui conduce un pensare filosofico onesto nei confronti dei suoi poteri e dei suoi limiti.
Una affermazione è risuonata a lungo: “l’occidente è la terra della ragione, la terra dell’autonomia, è la terra tendenzialmente atea”. L’uomo occidentale ha privilegiato la razionalità, il logos, affidando ogni pensiero, ogni azione alla supremazia di una ragione che procede poggiando esclusivamente su se stessa, rifiutando come privo di senso tutto ciò che oltrepassa il suo orizzonte, che sfugge al suo controllo, che ne impedisce la sua totale sovranità. L’occidente, ha ribadito spesso Todisco, è ateo non perché nega Dio, ma perché lo riconduce alla sua logica, dentro la sua razionalità, quella del primato del vero, che rimarrebbe tale anche se Dio non esistesse. L’occidente, che è terra della ragione, del possesso, della manipolazione, del dominio assoluto, che ha reso l’uomo padrone incontrastato del “tutto”, deve diventare la terra della libertà. “La filosofia francescana vuole proporre come criterio interpretativo del reale, non la razionalità, il vero, ma il bene: le cose sono perché volute, il bene è l’espansione dell’essere, la moltiplicazione dell’essere”.
L’uomo è un ens volitum, una creatura voluta, pensata, sognata, immaginata, amata; non venuta all’essere per merito o per diritto o per premio o per castigo. Il mondo, le creature, l’essere è chiamato all’esistenza dal nulla, in totale libertà, con un gesto di gratuità estrema. “Ora, se è la bontà alle sorgenti dell’essere, la logica, che presiede al suo accadimento, è la logica del dono, che è la logica di ciò che non è deducibile né prevedibile, che può essere solo accolto con sorpresa e gratitudine”.
La scuola francescana apporta un contributo di estrema originalità: cogliersi come volitum, un essere voluto gratuitamente, spinge a divenire a propria volta oblazione di se stessi all’altro e ciò nasce per fedeltà alla logica dell’essere. “Non siamo i difensori del vero, noi siamo i protagonisti del bene. Come fai a misurare la bontà di un pensiero, di un’azione? Chiediti se contribuisce ad espandere l’essere, a moltiplicare le occasioni del vivere, a rendere più intensa la libertà, a dilatare l’orizzonte della convivenza”.
Il problema di fondo della società contemporanea sta nello sguardo, nel modo di interpretare gli eventi; l’uomo di oggi, conclude p. Orlando, possiede uno sguardo concupiscenziale, dominatore, manipolatorio. E’ indispensabile che tale sguardo si modifichi in sguardo oblativo, in grado di ringraziare, di mettersi a disposizione, con una capacità effusiva, in grado di “aprire gli spazi dell’essere, di moltiplicare le opportunità del vivere”. Le brutture e le crudeltà del cuore umano sono la conseguenza del misconoscimento del primato del bene: “ebbene, la Scuola francescana dispone la ragione all’ascolto, nel silenzio di sé, di una voce altra da sé. E’ questo in fondo il senso delle sue tesi qualificanti, e cioè porre la verità sotto l’ègida della bontà, quale cifra della gratuità o del senza perché, affinché l’intelletto non se ne impossessi impoverendola, ma si disponga a contemplarla nella sorpresa di ciò che eccedendo abbaglia e stupisce”.

No hay comentarios.:

Publicar un comentario